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Per creare una Hotrod dal nulla, sostanzialmente, ci sono due metodi. Il primo: prendere quel che è disponibile in garage o nella catasta dei rottami. Componenti di qualsiasi tipo e marca, per assemblare un’auto facendo combaciare tutto alla perfezione. La bravura del costruttore sta proprio qui. Legare insieme tanti componenti e amalgamarli, ottenendo un risultato che dovrà funzionare e soprattutto soddisfare il suo creatore. Una formula economica, che partendo dal riciclo crea un pezzo di ingegneria perfettamente “accordato”.

Il secondo metodo è più complicato. Scegliere un’auto da cui partire, scegliere il motore, scegliere il cambio, il design, la forma e la sostanza. Non si tratta solo di adattare fra loro dei componenti, ma di avere un filo conduttore. Su tutto.
Noi siamo italiani. Gente che ha il doppio albero a camme in testa fin dalla nascita. Non siamo nati per fare le cose semplici.

Siamo personaggi da seconda opzione: tutto rigorosamente ponderato e studiato fino al minimo particolare.

Il principio della Hotrod ridotto nella frazione più semplice: una piccola auto con grande motore.
Beh, vedere un relitto di Fiat Topolino annegato nel fango è per un appassionato il punto di partenza. Chi immaginerebbe mai che un fangoso ammasso di ruggine potesse tornare a correre, montando nel suo vano anteriore un motore che è sei volte più grosso dell’originale?
La Topolino, ovvero una FIAT 500A nata nel 1936, chassis numero 919, è nel cortile. Riesumata dal fango.

Ora serve un motore: e qui iniziano i grattacapi. Volendo rimanere coerenti con il marchio di fabbrica della vettura ci vuole un motore che sia Fiat. Che sia plurifrazionato. Che sia testimonianza di lusso ed esclusività. Giusto per rispettare la regola di base dell'hotrodding.
Non ci sono molte scelte. O si cerca un motore di una Fiat 8V degli anni '50, oppure ci si appoggia al "Lampredone" V6 della Fiat 130. Il primo motore è praticamente il Santo Graal: semplicemente
impossibile da trovare. Il secondo, un V6 da 3200cc, è più facile da reperire ed è un gran motore, con margini di sviluppo/elaborazione piuttosto elevati. È un motore che ha dato tanto anche nelle competizioni, equipaggiando prototipi Abarth come la SE030 o la SE031. La prima era una Lancia Beta Montecarlo, la seconda la neonata Fiat 131: vincitrice come prima assoluta nel Giro d'Italia nel 1975. Al suo primo debutto in gara.
Non per niente il motore dell'ingegner Aurelio Lampredi diverrà la nostra (felice) scelta definitiva. E poi anche perché lo scrivente ha una notevole conoscenza del "vecchio maiale", così come l'ha soprannominato: grosso, tozzo, imponente e... assetato!

 

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Valutati gli ingombri sulla vettura, era chiaro fin da subito che la scatola cambio non fosse collocabile attaccata al motore, come appunto avviene nella Fiat 130: una berlina di impostazione classica, con motore e cambio anteriori longitudinali e trazione posteriore. È subito chiaro che qualunque modifica su una Topolino sarà parecchio invasiva, viste le dimensioni ridotte della vettura. Basta un metro a bacchetta da muratore. Anzi, come unità di misura la sola distanza tra pollice e mignolo: la spanna.
Dobbiamo pensare a un cambio posteriore. Anche qui, non c’è una sola opzione. Ovviamente bisogna allontanarsi dai componenti Fiat: la Casa di Torino non ha mai prodotto un Transaxle. Allora, che sia Lancia! Eh, già: un cambio transaxle Lancia non sarebbe male. I cambi posteriori Lancia, però sono piuttosto vetusti: all'avanguardia per il loro periodo di nascita ma pur sempre sviluppati per sopportare potenze modeste. I cavalli purosangue del V6 3.2 lo ridurrebbero in trucioli in poco tempo. Rimane una sola scelta per rimanere su componentistica italiana: Alfa Romeo. Stride non poco, un connubio tra Fiat e Alfa sulla stessa auto. Del resto, furono sempre acerrime concorrenti: siamo tutti cresciuti coi film poliziotteschi degli anni '70, dove le Fiat dei delinquenti erano inseguite dalle Alfa al servizio della Legge.

Non possiamo fare diversamente. Adotteremo un Transaxle Alfa Romeo di ultima generazione. Quando ormai le varie fusioni di marchi riconducondurranno ad un unico gruppo industriale Fiat/Lancia/Alfa Romeo.

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Un’Alfa 75 1800cc ci darà il suo cambio. La 75 è ancora un’Alfa a tutti gli effetti, ma è nata quando la Fiat era già alle porte. È un compromesso. Ma ci può stare, visto il vantaggio che otterremo collocando tutta la meccanica tra l'asse anteriore e quello posteriore. Un baricentro bassissimo. Dischi freno inboard, cambio sospeso e solidale al telaio, volano e frizione sul cambio. Masse non sospese ridotte al minimo. A tutto vantaggio della guidabilità. E vuoi mettere il famoso quanto performante De Dion Alfa al posteriore?
Messi in fila il motore v6 e il cambio Alfa, ecco che si delineano i primi ingombri. La risposta è secca: non ci stiamo. Per niente. Il motore è praticamente al posto dei passeggeri anteriori. Il cambio, invece, è miracoloso. Sembra nato apposta per essere adattato al telaio 919!
Risolveremo il problema del motore nell'abitacolo allungando la vettura. 25 cm in più tra fine parabrezza e assale anteriore sarebbero l'ideale e i primi calcoli ci danno ragione. Ma sono troppi. Vogliamo un capolavoro, che deve essere coerente e rispettoso dei tratti distintivi del veicolo di base. Lo allungheremo soltanto di 15 centimetri. Il design ne guadagnerà. Eravamo costretti ad allargare la vettura per ovvie ragioni di tenuta di strada, stabilità e scarico a terra della potenza? Bene: allungarla il giusto ha pure ripristinato le proporzioni.
Guardandola da fuori sembra una Topolino che ha fatto un bel po' di palestra! Abbiamo aggiunto qualcosa di bello, qualcosa di innovativo, qualcosa che però non ha snaturato la forma della vettura di base.
Il cambio Alfa ci darà un retrotreno stabile e ben piantato a terra. All'avantreno invece troviamo fuselli e mozzi ruota di un cavallo di battaglia Fiat: un’auto costruita in 8 milioni di esemplari in tutto il mondo: la 124. Eh, sì: proprio l'avantreno del VENTIQUATTRONE, con tutti i suoi angoli caratteristici. Del resto, con “lei” la Fiat ha dato molto, sia nei Rally sia in gara. Naturalmente ci costruiremo i doppi triangoli dell'avantreno da zero. La 124 ci ispira solo le dimensioni.
Il sistema di sterzo sarà un piccolo capolavoro. È la parte più "sacrificata" del progetto, che paga la scelta di mantenere le proporzioni della vettura originale. I 10cm in meno disponibili dei 25 previsti ci costringeranno a evoluzioni ingegneristiche. Il motore, un monolite di 70x70x70cm, ci ruba tutto lo spazio utile ma noi abbiamo già un paio d’assi nella manica. Siamo Italiani, non mi stancherò mai di ripeterlo. Non ci piacciono le cose semplici, non copiamo. Anzi. Normalmente siamo noi a creare nuove mode.


Ultimo problema da risolvere, per fare di questo sogno qualcosa di realizzabile, è trovare un insieme di menti esperte e visionarie, che sappiano crederci, mettersi in gioco e scommettere in questo progetto. Ma questa è un’altra storia...

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la tecnica

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